Sindacato Italiano Appartenenti Polizia
Segreteria Provinciale
PIACENZA
Si riporta di seguito la sintesi del contenuto della circolare Dipartimentale – Direzione Centrale per le risorse umane – nr. 333-A/9807.F.4 del 28 .10.2005 ( allegato 1):
L’articolo 4 comma 1 della Legge 8 marzo 2000 n. 53 stabilisce che: “ “la lavoratrice ed il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno, in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purchè la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore o la lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa”.
Come noto la concessione dei giorni spettanti al personale, nell’ipotesi di eventi e cause particolari, prima dell’entrata in vigore della legge 53/2000, era riconducibile esclusivamente all’istituto del congedo straordinario di cui all’art. 37 del DPR 3/57.
Con l’introduzione dei permessi retribuiti di cui all’art. 4, comma 1, della legge 53/2000, il legislatore ha inteso riconoscere ai lavoratori un nuovo beneficio - in sostanza è qualche cosa in più e non qualche cosa in meno -
Si richiama, in particolare, l’attenzione su una sostanziale diversità di disciplina dei due istituti, poiché i tre giorni di permesso retribuito sono di diritto, mentre il congedo straordinario è rimesso alla discrezionalità del dirigente. Peraltro va sottolineato che, pur essendo entrambi gli istituti fruibili, il personale non può chiedere di beneficiarne contemporaneamente per fronteggiare la medesima situazione familiare.
Per una corretta applicazione dell’istituto dei permessi retribuiti, si ritiene opportuno richiamare i parametri cui far riferimento per la loro concessione:
nell’ipotesi di decesso o di documentata grave infermità del coniuge, anche legalmente separato, o di un parente entro il secondo grado, non è richiesta la convivenza dell’interessato con il familiare;
nel caso di decesso o di documentata grave infermità di un soggetto componente la famiglia anagrafica, invece, è richiesta la convivenza che deve risultare da certificazione anagrafica, ovvero da una dichiarazione di responsabilità ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n.445/2000;
il richiedente deve comunicare all’ufficio l’evento che legittima il beneficio e precisare i giorni nei quali esso sarà utilizzato. I giorni di permesso devono essere utilizzati entro sette giorni dal decesso o dall’accertamento dell’insorgenza della grave infermità o dalla necessità di provvedere a conseguenti, specifici interventi terapeutici; ( quindi i suddetti permessi devono essere concessi anche per interventi terapeutici e dal momento in cui si è reso necessario l’intervento terapeutico stesso , in quanto se fosse come taluni sostengono, i 7 giorni decorrono dall’insorgenza della malattia e poi, anche fosse un brutto male, una volta emersa e trascorsi i 7 giorni dall’insorgenza della malattia , non si potrebbe più chiedere nulla anche se il malato è cronico è grave ed avesse necessità di trattamenti terapeutici-strumentali MA COSI’ NON E’ COME DIMOSTREREMO MEGLIO DI SEGUITO)
nel computo delle giornate di permesso retribuito non sono considerati i giorni festivi e i quelli non lavorativi;
i permessi in argomento sono cumulabili con quelli previsti per l’assistenza delle persone handicappate di cui all’art. 33, della legge 104/92.
Si precisa, infine, che nell’ipotesi di decesso, il dipendente dovrà documentare l’evento con idonea certificazione, ovvero nei casi consentiti, con dichiarazione sostitutiva. La grave infermità, invece, deve risultare da idonea documentazione del medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, o del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta o della struttura sanitaria nel caso di ricovero o intervento chirurgico. La certificazione relativa alla grave infermità deve essere presentata entro cinque giorni dalla ripresa dell’attività lavorativa.
Articolo 1. Permessi retribuiti
1. La lavoratrice e il lavoratore, dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, hanno diritto a tre giorni complessivi di permesso retribuito all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge, anche legalmente separato, o di un parente entro il secondo grado, anche non convivente, o di un soggetto componente la famiglia anagrafica della lavoratrice o del lavoratore medesimi.
2. Per fruire del permesso, l’interessato comunica previamente al datore di lavoro l’evento che dà titolo al permesso medesimo e i giorni nei quali esso sarà utilizzato. I giorni di permesso devono essere utilizzati entro sette giorni dal decesso o dall’accertamento dell’insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere a conseguenti specifici interventi terapeutici.
3. Nei giorni di permesso non sono considerati i giorni festivi e quelli non lavorativi.
4. Nel caso di grave infermità dei soggetti di cui al comma 1, la lavoratrice o il lavoratore possono concordare con il datore di lavoro, in alternativa all’utilizzo dei giorni di permesso, diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa, anche per periodi superiori a tre giorni. L’accordo è stipulato in forma scritta, sulla base della proposta della lavoratrice o del lavoratore. Nell’accordo sono indicati i giorni di permesso che sono sostituiti dalle diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa; dette modalità devono comportare una riduzione dell’orario di lavoro complessivamente non inferiore ai giorni di permesso che vengono sostituiti; nell’accordo stesso sono altresì indicati i criteri per le eventuali verifiche periodiche della permanenza della grave infermità, ai sensi del successivo articolo 3, comma 4. La riduzione dell’orario di lavoro conseguente alle diverse modalità concordate deve avere inizio entro sette giorni dall’accertamento dell’insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere agli interventi terapeutici.
5. I permessi di cui al presente articolo sono cumulabili con quelli previsti per l’assistenza delle persone handicappate dall’articolo 33 della Legge 5 Febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
Articolo 2. Congedi per gravi motivi familiari
1. La lavoratrice e il lavoratore, dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, possono richiedere, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della Legge 8 Marzo 2000, n. 53, un periodo di congedo per gravi motivi, relativi alla situazione personale, della propria famiglia anagrafica, dei soggetti di cui all’articolo 433 del Codice civile anche se non conviventi, nonché dei portatori di handicap, parenti o affini entro il terzo grado, anche se non conviventi.
Per gravi motivi si intendono:
a) le necessità familiari derivanti dal decesso di una delle persone di cui al presente comma;
b) le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell’assistenza delle persone di cui al presente comma;
c) le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo;
d) le situazioni, riferite ai soggetti di cui al presente comma a esclusione del richiedente, derivanti dalle seguenti patologie:
1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
4) patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.
2. Il congedo di cui al presente articolo può essere utilizzato per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni nell’arco della vita lavorativa. Il datore di lavoro è tenuto a rilasciare al termine del rapporto di lavoro l’attestazione del periodo di congedo fruito dalla lavoratrice o dal lavoratore. Il limite dei due anni si computa secondo il calendario comune; si calcolano i giorni festivi e non lavorativi compresi nel periodo di congedo; le frazioni di congedo inferiori al mese si sommano tra di loro e si considera raggiunto il mese quando la somma delle frazioni corrisponde a trenta giorni.
3. I contratti collettivi disciplinano il procedimento per la richiesta e per la concessione, anche parziale o dilazionata nel tempo, o il diniego del congedo per gravi o documentati motivi familiari, assicurando il contraddittorio tra il dipendente e il datore di lavoro e il contemperamento delle rispettive esigenze.
4. Fino alla definizione del procedimento di cui al comma 3, il datore di lavoro è tenuto, entro 10 giorni dalla richiesta del congedo, a esprimersi sulla stessa e a comunicarne l’esito al dipendente. L’eventuale diniego, la proposta di rinvio a un periodo successivo e determinato, la concessione parziale del congedo devono essere motivati in relazione alle condizioni previste dal presente regolamento e alle ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente. Su richiesta del dipendente, la domanda deve essere riesaminata nei successivi 20 giorni. Il datore di lavoro assicura l’uniformità delle decisioni avuto riguardo alla prassi adottata e alla situazione organizzativa e produttiva dell’impresa o della pubblica amministrazione.
5. Fermo restando quanto stabilito dal comma 4, in caso di rapporti di lavoro a tempo determinato il datore di lavoro può altresì negare il congedo per incompatibilità con la durata del rapporto in relazione al periodo di congedo richiesto, ovvero quando i congedi già concessi hanno superato i tre giorni nel corso del rapporto; può, inoltre, negare il congedo quando il rapporto è stato instaurato in ragione della sostituzione di altro dipendente in congedo ai sensi del presente articolo. Si applicano comunque le disposizioni di cui al comma 6.
6. Il congedo di cui al presente articolo può, altresì, essere richiesto per il decesso di uno dei soggetti di cui al precedente articolo 1, comma 1, per il quale il richiedente non abbia la possibilità di utilizzare permessi retribuiti nello stesso anno ai sensi delle medesime disposizioni o di disposizioni previste dalla contrattazione collettiva. Quando la suddetta richiesta è riferita a periodi non superiori a tre giorni, il datore di lavoro è tenuto ad esprimersi entro 24 ore dalla stessa e a motivare l’eventuale diniego sulla base di eccezionali ragioni organizzative, nonché ad assicurare che il congedo venga fruito comunque entro i successivi sette giorni.
7. Salvo che non sia fissata preventivamente una durata minima del congedo, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a rientrare nel posto di lavoro anche prima del termine di congedo, dandone preventiva comunicazione al datore di lavoro. Qualora il datore di lavoro abbia provveduto alla sostituzione della lavoratrice o del lavoratore in congedo ai sensi dell’articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, per il rientro anticipato è richiesto, compatibilmente con l’ampiezza del periodo di congedo in corso di fruizione, un preavviso di almeno sette giorni. Il datore di lavoro può comunque consentire il rientro anticipato anche in presenza di preventiva fissazione della durata minima del congedo o di preavviso inferiore a sette giorni.
Si osserva, infine, che il D.M. n. 278/2000 all’art. 4, comma 1, fa salve le più favorevoli
previsioni della contrattazione collettiva in materia. A tal proposito si fa presente che nel pubblico impiego, il CCNL Comparto Ministeri prevede, all’art. 18, comma 2, la fruibilità di permessi di tre giorni o, in alternativa, di 18 ore utilizzabili in modo frazionato, per qualsiasi motivo di carattere personale o familiare, debitamente documentati.
Come sempre il SIAP continua il suo percorso sindacale, di ricerca e di studio, ad esclusiva difesa dei diritti legittimi dei lavoratori di Polizia.
Sandro Chiaravalloti
Con nota nr.555/39/RS/01/23/0339 del 13 febbraio 98, L'uuficio Relazioni Sindacali del Dipartimento della P.S., a seguito di quesito inoltrato dalla Segreteria Nazionale SIAP per conoscere il corretto trattamento da adottare nei confronti dei dipendenti che effettuavano orario articolato su 5 giorni, dichiarava che: " in proposito si ritiene che il regime di orario di lavoro articolato su 5 giorni le eventuali giornate di assenza per qualsiasi causa( malattia,congedo ordinario e straordinario, festività ecc..) sono da considerarsi nel loro intero esplicarsi anche se esse vengono a verificarsi con un giorno della settimana stabilito per il rientro pomeridiano , sicchè in tali casi non deve procedersi ad alcun recupero trattandosi di normali assenze in giornate di lavoro ( parere del Dipartimento della Funzione Pubblica del 23.05.1996) .
nello stesso parere il citato Dipartimento della Funzione Pubblicaha precisato altresì che nel caso di articolazione dell'orario di lavoro su 5 giorni settimanali dal lunedì a venerdì, il sabato si configura come giornata non lavorativa.
pertanto, se il sabato cade in una giornata festiva prevista dal calendario, esso non influisce sulle ore settimanali di lavoro di obbligo previsto dal contratto.
risulta dunque essere pienamente conforme a quanto sopra la nota del 05.12.1997 della Direzione Centrale per l'Amministrazione Generale e per gli Affari del Presonale con la quale è stato, tra l'latro, affermato che nell'eventualità che la giornata libera del sabato coincida con una festività , il recupero prestabilito per coloro che effettuano un orario di lavoro su 5 giorni lavorativi debba essere integralmente effettuato , atteso che la lucuzione recupero prestabilito non può che riferirsi ai criteri obbligatori per il completamento per l'orario settimanale"
Tali principi sono stati riaffermeti nella rivista "polizia moderna" e nel 2007 dall'Ufficio Relazioni Sindacali
SANDRO CHIARAVALLOTI - SEGRETARIO SIAP - PIACENZA -
LA RIABILITAZIONE
Gli appartenenti della Polizia di Stato, a cui sono state inflitte sanzioni disciplinari, qualora ci siano i presupposti, possono richiedere, ai sensi dell’art. 87 del D.P.R. 10.01.1957 nr. 3, la riabilitazione.
Infatti l’art.87 del D.P.R. 10.01.1957 n.3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), la cui applicazione viene ammessa dal richiamo operato dall’art.31 del D.P.R. 25.10.1981 n.737, recita: “Trascorsi due anni dalla data con cui fu inflitta la sanzione e sempre che l’impiegato abbia riportato nei due anni la qualifica di “ottimo”; possono essere resi nulli gli effetti della stessa, esclusa ogni efficacia retroattiva; possono altresì essere modificati i giudizi complessivi riportati dall’impiegato dopo la sanzione ed in conseguenza si questa. Il provvedimento è adottato con decreto ministeriale, sentiti il Consiglio di amministrazione e la Commissione di disciplina.”
Pertanto, a seguito dell’esperienza maturata nel tempo nel seguire con cura e con responsabilità le varie vicissitudini dei colleghi che hanno subito un provvedimento disciplinare, ai quali l’Amministrazione “abilmente” ha sempre fatto leva sui precedenti disciplinari dell’incolpato, nonostante siano trascorsi parecchi anni dal fatto, abbiamo sentito la necessità di informare ampiamente i colleghi i quali , troppe volte ignari, non hanno mai presentato istanza di Riabilitazione, nonostante ne avessero la possibilità( l’amministrazione non ha mai sufficientemente informato il dipendente sulla possibilità della riabilitazione e a volte la ha anche ostacolata – i precedenti fanno comodo-).
Nella speranza che tutto ciò possa essere utile, abbiamo elaborato anche il seguente prestampato.
Sandro Chiaravalloti
Segretario provinciale SIAP
AL MINISTERO DELL’INTERNO
Dipartimento della Pubblica Sicurezza
R O M A
Il/La Sottoscritto/a______________________________________________ , nata/o a _______________________ il____________, residente a ____________________ Via ___________________in servizio presso ________________________ con la qualifica di _________________della Polizia di Stato,
propone
ISTANZA DI RIABILITAZIONE
(ex. Artt.87 D.P.R. 10.01.1957 n.3; 31 D.P.R. 25.10.1981 n..737)
In riferimento al provvedimento amministrativo nr._______________ del ____________ emesso dal/la __________________________________ notificato il ___________, attraverso il quale (Ufficio) ________________di _____________ infliggeva la sanzione disciplinare di __________________
premesso che
1. Con provvedimento del ___________ notificato il _________, (Ufficio) _____________________ infliggeva, all’odierna istante, la sanzione disciplinare ___________________________
2. dalla data dell’atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare sono trascorsi ________ anni;
3. negli anni successivi alla data dell’atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare, lo/la scrivente ha riportato la qualifica di “ottimo”, come emerge dai rapporti informativi e giudizi complessivi;
4. l’art.87 del D.P.R. 10.01.1957 n.3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), la cui applicazione al caso esposto viene ammessa dal richiamo operato dall’art.31 del D.P.R. 25.10.1981 n.737, recita: “Trascorsi due anni dalla data con cui fu inflitta la sanzione e sempre che l’impiegato abbia riportato nei due anni la qualifica di “ottimo”; possono essere resi nulli gli effetti della stessa, esclusa ogni efficacia retroattiva; possono altresì essere modificati i giudizi complessivi riportati dall’impiegato dopo la sanzione ed in conseguenza si questa. Il provvedimento è adottato con decreto ministeriale, sentiti il Consiglio di amministrazione e la Commissione di disciplina.”
Per tutto ciò premesso ed esposto, lo/a scrivente
CHIEDE
Che l’Autorità adita, sentito il Consiglio di Amministrazione e la Commissione di disciplina di cui all’art.87 del D.P.R. 10.01.1957 n.3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), voglia
IN VIA PRELIMINARE:
ACCERTARE l’esistenza dei presupposti di legge per la concessione dell’istituto della riabilitazione ex all’art.87 del D.P.R. 10.01.1957 n.3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), richiamato dall’art.31 del D.P.R. 25.10.1981 n.737 (Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti)
IN VIA PRINCIPALE:
A) CONCEDERE LA RIABILITAZIONE ex all’art.87 del D.P.R. 10.01.1957 n.3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), richiamato dall’art.31 del D.P.R. 25.10.1981 n.737 (Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti)
B) RENDERE NULLI gli effetti della sanzione disciplinare irrogata con provvedimento amministrativo del _____________ notificato il _____________ dalla Questura ___________
C) MODIFICARE in meglio i giudizi complessivi riportati dal (grado nome e cognome) ___________________________________ dopo la sanzione ed in conseguenza di questa, ex all’art.87 del D.P.R. 10.01.1957 n.3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), richiamato dall’art.31 del D.P.R. 25.10.1981 n.737 (Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti).
D) DISPORRE che gli organi preposti provvedano ex lege alle cancellazioni, trascrizioni ed annotazioni negli atti matricolari dell’impiegata/o
DIRITTO AL CONGEDO ORDINARIO.
1)LE FERIE IN GENERALE
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunciarvi.
Le ferie annuali sono considerate quel periodo di riposo cui ha diritto il prestatore di lavoro per ogni anno di lavoro prestato. Queste sono un diritto irrinunciabile, hanno lo scopo di ritemprare le energie psicofisiche del lavoratore, per cui, qualsiasi clausola del contratto di lavoro che ne preveda la rinuncia è nulla (Art.2109 c.c.).
2) CONGEDO ORDINARIO PER IL PERSONALE DELLA P. di S.
L'istituto del congedo ordinario ha lo scopo di concedere al lavoratore della Polizia di Stato un periodo di svago e di riposo per consentirgli di ritemprare le proprie energie e di riprendere il servizio nelle migliori condizioni possibili di corpo e di spirito.
Considerato diritto indispensabile, risponde - come è stato riconosciuto anche in sede giurisdizionale - all'esigenza, costituzionalmente protetta, di garantire, anche nell'interesse dell'Amministrazione, l'integrità fisica e psichica dei dipendenti contro il logorio conseguente alla prestazione, continuata per un certo periodo di tempo, del lavoro.
Il personale della Polizia di Stato ha diritto, ogni anno di servizio, ad un periodo di congedo ordinario retribuito. Durante tale periodo al dipendente spetta la normale retribuzione, esclusi i compensi per prestazioni di lavoro straordinario e le indennità che non siano corrisposte per dodici mensilità.
2a) Durata
La durata del congedo ordinario è di 32 giorni lavorativi.
Per il personale con oltre 15 anni di servizio la durata del congedo ordinario è di 37 giorni lavorativi, per quello con oltre 25 anni di servizio maturati dopo il 31 dicembre 1996 è di 45 giorni lavorativi, per quello con oltre 25 anni di servizio maturati prima del 31 dicembre 1996 è di 47 giorni lavorativi.
Per i dipendenti assunti dopo l’entrata in vigore del DPR. n.395/1995 (ovvero assunti dopo il 7 ottobre 1995) la durata del congedo ordinario, per i primi 3 anni, è di 30 giorni lavorativi.
Tutti i periodi di congedo ordinario di cui sopra sono comprensivi delle due giornate previste dall’art.1, lett. A) della legge 23 dicembre 1977 n.937 (cosiddetti riposi legge).
A tutti i dipendenti sono altresì attribuite 4 giornate di riposo da fruire nell’arco solare ai sensi della legge 23 dicembre 1977 n.937.
In caso di distribuzione dell’orario settimanale di lavoro su cinque giorni (settimana corta), il sabato è considerato non lavorativo ed i giorni di congedo ordinario sono ridotti rispettivamente:
26 giorni lavorativi per i primi 3 anni, per chi è assunto dopo il 31 luglio 1995;
28 giorni lavorativi per il personale sino a 15 anni di servizio;
32 giorni lavorativi per il personale con più di 15 anni di servizio e meno di 25;
39 giorni lavorativi per il personale con più di 25 anni di servizio;
41 giorni per il personale con più di 25 anni di servizio maturati prima del 31 dicembre 1996.
2b) Monetarizzazione
Il congedo ordinario è un diritto irrinunciabile e non monetarizzabile, eccetto il caso in cui all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora il congedo ordinario spettante a tale data non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio, si procede al pagamento sostitutivo dello stesso.
2c) Periodi di fruizione
Il Congedo ordinario può essere autorizzato, a richiesta del dipendente e compatibilmente con le esigenze di servizio, scaglionandolo in 4 periodi entro il 31 dicembre dell’anno cui il congedo si riferisce, dei quali uno di almeno 2 settimane nel periodo dal 1° giugno al 30 settembre. Per il personale con oltre 25 anni di servizio (maturati prima o dopo il 31 dicembre 1996) uno degli scaglioni non può essere inferiore a 20 giorni.
2d) Richiamo dal congedo ordinario
Per compensare adeguatamente i disagi connessi ad un eventuale richiamo in servizio del personale in congedo ordinario, in caso di richiamo dal congedo ordinario (quando quest’ultimo è in corso di fruizione) per indifferibili e motivate esigenze di servizio, al dipendente richiamato compere:
a) il rimborso delle spese di viaggio per il rientro in sede;
b) l’indennità di missione per la durata del medesimo viaggio se ricorrono i presupposti previsti dalla legge 18 dicembre 1973 n.836 (legge sulle missioni);
c) identico trattamento di cui ai punti a) e b) anche in caso di rientro nella località ove il dipendente fruiva del congedo ordinario interrotto;
d) il rimborso delle spese anticipate per il periodo di congedo non goduto per effetto dell’interruzione.
I diritti sopra esposti si applicano dal 1° gennaio 1996.
2e) Programmazione del congedo ordinario
A decorrere dal 31 dicembre 1985 il responsabile di ogni ufficio, reparto o istituto della Polizia di Stato, sulla base delle domande degli interessati, deve programmare i turni di fruizione delle ferie in modo da contemperare le esigenze di servizio con quelle del personale, avendo cura che il numero dei congedi ordinari non superi, di massima, ¼ della forza effettiva di ciascun ruolo (Agenti e Assistenti; Sovrintendenti; Ispettori e Direttivi).
Col termine contemperare si intende mitigare, moderare, adattare (Dizionario Microsoft Encarta edizione 2003).
Il personale in congedo è tenuto a comunicare preventivamente e tempestivamente all’Amministrazione il proprio recapito.
Qualora indifferibili (che non si possono rinviare ad un tempo successivo – Dizionario Microsoft Encarta edizione 2003) esigenze di servizio non abbiano reso possibile la completa fruizione del congedo ordinario nel corso dell’anno, la parte residua deve essere fruita entro l’anno successivo.
Qualsiasi deroga, di iniziativa dell’amministrazione, a tali vincoli, assumendo la natura di provvedimento amministrativo incidente su diritto soggettivo affievolito, va motivata ai sensi dell’art.3 della legge n.241/1990 (non essendo sufficiente, come da giurisprudenza amministrativa successiva al 1990, la generica dicitura “per motivi di servizio”).
Solo in caso di motivate esigenze di carattere personale, valutate compatibilmente con le esigenze di servizio, il dipendente deve fruire del congedo ordinario residuo entro l’anno successivo a quello di spettanza .
Inoltre, con nota den 18 marzo 2009, il Sig. Capo della Polizia, ha stabilito che : " con specifico riferimento al periodo estivo ed alle principali festività, si sottolinea la necessità che gli uffici provvedano , con congruo anticipo, di una attenta pianificaziopne dei periodi di fruizione del congedo ordinario sulla base delle istanze prodotte agli interessati e a comunicare agli stessi, almeno quindici giorni prima dell'inizio del periodo di congedo richiesto, gli eventuali dinieghi.
2f) Revoca del congedo ordinario
Al personale a cui, per indifferibili (si rimanda alla definizione grammaticale citata) esigenze di servizio, venga revocato il congedo ordinario già concesso (ma non ancora fruito) compete, sulla base della documentazione fornita, il rimborso delle spese sostenute successivamente alla concessione del congedo stesso e connesse al mancato viaggio e soggiorno.
Per il principio amministrativo dell’istruttoria e dei provvedimenti collegati e conseguenti, il momento in cui si concede il congedo ordinario è da ritenersi l’atto amministrativo con cui il responsabile dell’ufficio, reparto o istituto, sulla base delle domande (di congedo ordinario) degli interessati, programma i turni di fruizione delle ferie (ovvero il prospetto di programmazione dei turni di congedo ordinario) ai sensi dell’art.59 del D.P.R. 28 ottobre 1985 n.782.
Il disinteressato e corretto esercizio dell’attività amministrativa in tema di congedi ordinari per il personale della Polizia di Stato, suggerisce le seguenti fasi: a) che siano avanzate per tempo le singole istanze di congedo ordinario; b) che sulla base di queste sia svolta una valutazione istruttoria contemperativi d’insieme ai sensi dell’art.59 DPR. n.782/1985; c) che le domande di congedo siano pianificate in un prospetto programmatorio, vistato ed esposto in visione.
A monte del prospetto della pianificazione dei congedi ordinari si presume che l’amministrazione abbia svolto quell’ampia gamma di valutazioni istruttorie sulle esigenze di servizio e sulle esigenze di natura personale indicate dall’art.59 DPR. N.782/1985.
Il prospetto di pianificazione dei congedi, perciò, va inteso come atto finale di un procedimento amministrativo ovvero provvedimento amministrativo (autorizzatorio o costitutivo che sia) ai sensi dell’art.2 comma 1 della Legge 7 agosto 1990 n.241 (“Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”).
Ritenere il provvedimento di pianificazione dei turni di ferie atto non conclusivo di istruttori amministrativa e non vincolante, rimandando la concessione dei singoli congedi ordinari ad un momento successivo significherebbe, inevitabilmente, due cose:
a) che il responsabile del procedimento non ha svolto diligentemente quelle valutazioni istruttorie sulle esigenze di servizio e sulle esigenze personali imposte dal diritto, in tema di programmazione delle ferie per il personale della Polizia di Stato;
b) che si tenterebbe ingiustamente di sottrarsi alle responsabilità da cui nasce il diritto al rimborso delle spese sostenute per mancata concessione delle ferie.
Atteso che il momento di concessione del congedo è il momento dell’avvenuta pianificazione d’insieme delle istanze presentate, nel caso in cui emergano successivamente esigenze di servizio o errori nella pianificazione dei congedi, non imputabili al singolo dipendente e tali da negare il congedo già concesso, il dipendente ha diritto al rimborso delle spese sostenute ai sensi dell’art.18 del DPR. n.164/2002, dal momento in cui il prospetto di pianificazione dei congedi, quale provvedimento conclusivo di istruttoria amministrativa, ha preso forma.
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Nel caso in cui si intendesse derogare al quadro normativo sopra esposto (ad esempio richiedendo al personale della Polizia di Stato di usufruire “obbligatoriamente” del congedo residuo in un’unica soluzione ed entro il primo quadrimestre dell’anno successivo, o si volesse imboccare la via della “gestione d’ufficio” dei congedi ordinari, paventando non meglio indicati diritti di disporre, in modo pieno ed esclusivo, di diritti soggettivi altrui la dove si è già impedito a quel personale di usufruire di periodi di congedo ordinario a causa dell’organizzazione di maggiori servizi investigativi, burocratici e di controllo del territorio) A NOSTRO PARERE L’AMMINISTRAZIONE è pregata indicare, in forma scritta in apposita direttiva motivata ai sensi dell’art.3 comma 1 della Legge 7 agosto 1990 n.241, le ragioni di fatto e di diritto (“Art.3 – Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato…….. .La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”).
Il Segretario Generale provinciale SIAP
Sandro Chiaravalloti